In base ad alcuni dati, emersi da indagini internazionali, appare insufficiente la progettazione di azioni specifiche per gli alunni con disabilità figli di migranti, a fronte della loro crescente presenza nell’istituzione scolastica (European Agency for Development in Special Needs and Inclusive Education, 2014). Il problema sollecita una maggiore attenzione da parte della riflessione pedagogica, al fine di elaborare piste di ricerca e metodologie didattiche adeguate, così, offrire una proposta di insegnamento/apprendimento che garantisca effettivi processi di inclusione. Il contributo intende presentare alcune buone prassi di progettazione didattica e una specifica criteriologia di osservazione e di intervento valutativo per il bambino disabile con percorso migratorio nella convinzione che, in tal modo, si possano garantire un maggiore benessere, migliori risultati di apprendimento ed una più completa integrazione scolastica e sociale. Per condurre una buona osservazione educativa sistematica, a favore di questi soggetti, non è opportuno “adattare” schemi e griglie già progettate per il bambino italiano. Si tratta invece di costruire nuovi strumenti e protocolli osservativi calibrati sugli speciali bisogni, le manifestazioni comportamentali, le caratteristiche cognitive, sociali, culturali e linguistiche. L’articolo, sulla scorta della più recente letteratura scientifica sull’argomento, mette a fuoco i principali bisogni educativi e didattici dei bambini disabili con background migrante, caratterizzati da una complessa condizione di “doppia differenza” e rimarca la necessità di avere ben chiare le loro specificità e le loro attese. Questo convincimento motiva l’offerta di interventi globali in grado di rispondere, al tempo stesso, ai bisogni educativi speciali legati alla disabilità e allo svantaggio linguistico e culturale, onde evitare, al docente, di “medicalizzare comportamenti culturali che non comprende e culturalizzare disturbi che non riesce a vedere” (A. Goussot, 2009).

Infanzie di origine immigrata, disabilità e scuola. Criteri per l’osservazione educativa e per l’intervento didattico

Simone Maria Grazia
2020-01-01

Abstract

In base ad alcuni dati, emersi da indagini internazionali, appare insufficiente la progettazione di azioni specifiche per gli alunni con disabilità figli di migranti, a fronte della loro crescente presenza nell’istituzione scolastica (European Agency for Development in Special Needs and Inclusive Education, 2014). Il problema sollecita una maggiore attenzione da parte della riflessione pedagogica, al fine di elaborare piste di ricerca e metodologie didattiche adeguate, così, offrire una proposta di insegnamento/apprendimento che garantisca effettivi processi di inclusione. Il contributo intende presentare alcune buone prassi di progettazione didattica e una specifica criteriologia di osservazione e di intervento valutativo per il bambino disabile con percorso migratorio nella convinzione che, in tal modo, si possano garantire un maggiore benessere, migliori risultati di apprendimento ed una più completa integrazione scolastica e sociale. Per condurre una buona osservazione educativa sistematica, a favore di questi soggetti, non è opportuno “adattare” schemi e griglie già progettate per il bambino italiano. Si tratta invece di costruire nuovi strumenti e protocolli osservativi calibrati sugli speciali bisogni, le manifestazioni comportamentali, le caratteristiche cognitive, sociali, culturali e linguistiche. L’articolo, sulla scorta della più recente letteratura scientifica sull’argomento, mette a fuoco i principali bisogni educativi e didattici dei bambini disabili con background migrante, caratterizzati da una complessa condizione di “doppia differenza” e rimarca la necessità di avere ben chiare le loro specificità e le loro attese. Questo convincimento motiva l’offerta di interventi globali in grado di rispondere, al tempo stesso, ai bisogni educativi speciali legati alla disabilità e allo svantaggio linguistico e culturale, onde evitare, al docente, di “medicalizzare comportamenti culturali che non comprende e culturalizzare disturbi che non riesce a vedere” (A. Goussot, 2009).
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