Questo libro è una nuova edizione della prima tragedia di Christopher Marlowe, Dido, Queene of Carthage, ma è anche uno studio del rapporto fondamentale tra il drammaturgo elisabettiano e due autori della poesia latina, Virgilio e Ovidio. La Tragedia di Didone, regina di Cartagine, cui verosimilmente allude Amleto nel suo invito al capocomico nel secondo atto di Hamlet, è infatti una drammatizzazione del libro IV (ma anche del I e del II) dell’Eneide virgiliana. Ma, a differenza delle altre tragedie rinascimentali di Didone, che si appoggiano alle strutture già drammatiche del IV libro eneadico, la Didone di Marlowe ‘rilegge’ tutto il poema virgiliano e i nodi più profondi del suo ‘codice epico’ in maniera simbolica, allusiva e deformante. Ossia, nel tradurre Virgilio per il palcoscenico, Marlowe lo riveste di abiti ovidiani (o ovidianamente medioevali), sfruttando, in modo acuto e consapevole, il rapporto intertestuale e palinsestico che lega l’opera di Ovidio a quella di Virgilio. L’analisi riserva ulteriori sorprese: l’uso allusivo della poesia degli Amores, delle Heroides e, soprattutto, delle Metamorfosi, nel gioco di riscrittura dell’epos virgiliano, si rivela fondamentale non solo per la formazione dell’immaginario simbolico e mitologico che sostiene tutta la poesia di Marlowe ma anche per la genesi del suo stesso teatro. Un teatro che, nei suoi aspetti più originali e moderni, nasce dunque dalla parola ecfrastica e spettacolare della poesia ovidiana. Il testo critico di Dido, Queene of Carthage è accompagnato da una nuova traduzione dall’inglese e da un commento analitico.

Didone regina di Cartagine di Christopher Marlowe. Metamorfosi virgiliane nel Cinquecento

ZIOSI, ANTONIO
2015-01-01

Abstract

Questo libro è una nuova edizione della prima tragedia di Christopher Marlowe, Dido, Queene of Carthage, ma è anche uno studio del rapporto fondamentale tra il drammaturgo elisabettiano e due autori della poesia latina, Virgilio e Ovidio. La Tragedia di Didone, regina di Cartagine, cui verosimilmente allude Amleto nel suo invito al capocomico nel secondo atto di Hamlet, è infatti una drammatizzazione del libro IV (ma anche del I e del II) dell’Eneide virgiliana. Ma, a differenza delle altre tragedie rinascimentali di Didone, che si appoggiano alle strutture già drammatiche del IV libro eneadico, la Didone di Marlowe ‘rilegge’ tutto il poema virgiliano e i nodi più profondi del suo ‘codice epico’ in maniera simbolica, allusiva e deformante. Ossia, nel tradurre Virgilio per il palcoscenico, Marlowe lo riveste di abiti ovidiani (o ovidianamente medioevali), sfruttando, in modo acuto e consapevole, il rapporto intertestuale e palinsestico che lega l’opera di Ovidio a quella di Virgilio. L’analisi riserva ulteriori sorprese: l’uso allusivo della poesia degli Amores, delle Heroides e, soprattutto, delle Metamorfosi, nel gioco di riscrittura dell’epos virgiliano, si rivela fondamentale non solo per la formazione dell’immaginario simbolico e mitologico che sostiene tutta la poesia di Marlowe ma anche per la genesi del suo stesso teatro. Un teatro che, nei suoi aspetti più originali e moderni, nasce dunque dalla parola ecfrastica e spettacolare della poesia ovidiana. Il testo critico di Dido, Queene of Carthage è accompagnato da una nuova traduzione dall’inglese e da un commento analitico.
2015
978-88-430-7328-3
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