La ricerca mira a studiare il contributo offerto dai media nel processo di comprensione dell’essere e quindi gli effetti che essi esercitano sulla realtà e sull’esperienza conoscitiva. All’interno del confronto fra i testi di due filosofi italiani, Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris, la ricerca intende riflettere innanzitutto sullo statuto ontologico dei media e in secondo luogo sulle modalità con le quali il digitale e la medialità riconfigurano il rapporto che l’uomo ha con la verità. Per Ferraris la scrittura è innanzitutto traccia, ovvero la memoria del passato capitalizzata nella materia, un processo metafisico che lega spazio, tempo ed emergenza e che il filosofo chiama isteresi. Tramite questa inversione del rapporto tra lettera e spirito, ispirata alla filosofia di Derrida, Ferraris individua la facoltà più tipica dell’uomo nella capacità di esteriorizzare e capitalizzare: da ciò derivano la tecnologia, il sapere, la società. Per Vattimo, invece, l’emergenza della società dei media è strutturalmente vincolata alla comparsa delle minoranze, alla moltiplicazione delle agenzie comunicative, al crollo della visione moderna della storia e alla messa in crisi dell’idea di verità. La postmodernità, quindi, non è solo il contesto storico-culturale nel quale avvengono queste trasformazioni, ma anche il presupposto logico che vincola originariamente il fenomeno mediale ai processi che hanno determinato la crisi del paradigma metafisico e la revisione della nozione stessa di realtà. Dal momento che i discorsi di verità sono innanzitutto delle prassi, esattamente come il testo è innanzitutto scrittura, l’ermeneutica diventa il terreno su cui le due prospettive, quella del nuovo realismo di Ferraris e quella del pensiero debole di Vattimo, manifestano in forme differenti e complementari la capacità del discorso mediale di gettare luce sull’essere determinando svolte nella comprensione della realtà e nella frequentazione della verità. Dalla centralità del medium deriva la consapevolezza che l’ermeneutica è il migliore e forse l’unico linguaggio in grado di rendere conto del rapporto tra verità e realtà nella società postmoderna. L’ermeneutica dei media costituirebbe dunque sia il campo di studi che lo strumento teorico di analisi di questa relazione, perché è la sola prospettiva che, ponendosi la domanda sul fondamento (cioè su realtà e verità) in un contesto post-metafisico, si interroga contemporaneamente anche sulla legittimità del proprio agire filosofico, cioè sull’insieme di quelle pratiche discorsive, orali e scritte, che essa stessa articola. La tesi include in appendice due interviste: una a Maurizio Ferraris e una a Santiago Zabala, allievo di Vattimo e custode del suo archivio a Barcellona.
ERMENEUTICA DEI MEDIA. Postmodernità e medialità in Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris / FOSSATI LEVI, Tiziano. - (2024 Mar 26).
ERMENEUTICA DEI MEDIA. Postmodernità e medialità in Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris
FOSSATI LEVI, TIZIANO
2024-03-26
Abstract
La ricerca mira a studiare il contributo offerto dai media nel processo di comprensione dell’essere e quindi gli effetti che essi esercitano sulla realtà e sull’esperienza conoscitiva. All’interno del confronto fra i testi di due filosofi italiani, Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris, la ricerca intende riflettere innanzitutto sullo statuto ontologico dei media e in secondo luogo sulle modalità con le quali il digitale e la medialità riconfigurano il rapporto che l’uomo ha con la verità. Per Ferraris la scrittura è innanzitutto traccia, ovvero la memoria del passato capitalizzata nella materia, un processo metafisico che lega spazio, tempo ed emergenza e che il filosofo chiama isteresi. Tramite questa inversione del rapporto tra lettera e spirito, ispirata alla filosofia di Derrida, Ferraris individua la facoltà più tipica dell’uomo nella capacità di esteriorizzare e capitalizzare: da ciò derivano la tecnologia, il sapere, la società. Per Vattimo, invece, l’emergenza della società dei media è strutturalmente vincolata alla comparsa delle minoranze, alla moltiplicazione delle agenzie comunicative, al crollo della visione moderna della storia e alla messa in crisi dell’idea di verità. La postmodernità, quindi, non è solo il contesto storico-culturale nel quale avvengono queste trasformazioni, ma anche il presupposto logico che vincola originariamente il fenomeno mediale ai processi che hanno determinato la crisi del paradigma metafisico e la revisione della nozione stessa di realtà. Dal momento che i discorsi di verità sono innanzitutto delle prassi, esattamente come il testo è innanzitutto scrittura, l’ermeneutica diventa il terreno su cui le due prospettive, quella del nuovo realismo di Ferraris e quella del pensiero debole di Vattimo, manifestano in forme differenti e complementari la capacità del discorso mediale di gettare luce sull’essere determinando svolte nella comprensione della realtà e nella frequentazione della verità. Dalla centralità del medium deriva la consapevolezza che l’ermeneutica è il migliore e forse l’unico linguaggio in grado di rendere conto del rapporto tra verità e realtà nella società postmoderna. L’ermeneutica dei media costituirebbe dunque sia il campo di studi che lo strumento teorico di analisi di questa relazione, perché è la sola prospettiva che, ponendosi la domanda sul fondamento (cioè su realtà e verità) in un contesto post-metafisico, si interroga contemporaneamente anche sulla legittimità del proprio agire filosofico, cioè sull’insieme di quelle pratiche discorsive, orali e scritte, che essa stessa articola. La tesi include in appendice due interviste: una a Maurizio Ferraris e una a Santiago Zabala, allievo di Vattimo e custode del suo archivio a Barcellona.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Tesi di Dottorato
Tipologia:
Tesi di dottorato
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