All'interno della storiografia sul cinema italiano, la vittoria ex aequo alla Mostra del Cinema del 1959 di Il generale Della Rovere (Roberto Rossellini) e La grande guerra (Mario Monicelli) viene comunemente indicata come uno degli elementi fondativi di una nuova stagione. I primi anni del nuovo decennio, infatti, appaiono caratterizzati dall'emergere, da un lato, di un cinema d'autore imperniato su di un riesame del periodo, a lungo rimosso, della guerra di resistenza; e, dall'altro, di un nuovo tipo di commedia, dedicata tanto a un esame della contemporaneità, quanto a una rinegoziazione del passato nazionale. Questi due diversi versanti si sovrappongono rapidamente, così che, tra il 1959 e il 1966, si assiste a un profluvio di riletture, alternativamente in chiave comica o drammatica, dell'epoca della caduta del regime fascista, della lotta di resistenza o del periodo immediatamente successivo allo sbarco delle truppe angloamericane. Questo corpus si propone come uno scenario particolarmente eterogeneo, per il quale non possono essere individuati criteri unificanti relativi né a pratiche autoriali, né di genere cinematografico, né tantomeno produttive. Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, si va dal recupero delle tematiche resistenziali da parte di alcuni dei maestri del neorealismo (Rossellini; De Sica), a nuove prove di cineasti che hanno esordito da poco e sono ancora in cerca di consacrazione (Loy; Zurlini), fino a principianti assoluti come Gianfranco De Bosio. Sul piano dei generi si alternano, spesso all'interno dello stesso film, il bellico, il gangsteristico, la commedia o il melodramma, mentre il panorama produttivo spazia dai leader del mercato (Ponti; De Laurentiis; Titanus) a minuscole sigle come la 22 Dicembre. Di fronte a tanta ricchezza, la storiografia ha normalmente privilegiato una lettura ideologica, evidenziando come lo scopo sottaciuto di questi film fosse ripulire la coscienza della nuova borghesia, quella sorta negli anni del boom economico, celandone gli elementi di continuità con quella degli anni del totalitarismo fascista e, viceversa, rendendola discendente dalla palingenesi dell'epoca resistenziale. Il presupposto di questo articolo è invece quello di spostare la prospettiva su di un aspetto del tutto differente, in modo da valutare quali altri possibili funzioni sociali possono essere state svolte da questo gruppo di film, apparsi in una fase cruciale per il processo di modernizzazione in Italia. Se è vero infatti che gli anni Sessanta marcano un passaggio da un cinema imperniato su personaggi e su di uno star system prettamente femminili, come era quello italiano degli anni Cinquanta, a un altro che, sia nelle pratiche di genere che in quelle autoriali, privilegia all'opposto quelle maschili, diviene allora centrale individuare quali siano i modelli di mascolinità messi in scena, articolati o proposti dai film di tematica resistenziale. Come si è già sottolineato, si tratta di un corpus relativamente molto vasto e complesso, pertanto il presente articolo non può (né vuole) avere pretese di esaustività; si tenterà al contrario di procedere a una cartografia del cinema resistenziale italiano dei primi anni Sessanta, del quale verranno individuate alcune caratteristiche di fondo, e si tenterà di esaminarne le possibili proposte, che si affiancano a quelle formulate dalla Commedia all'italiana o dal cinema di stampo più marcatamente autoriale.

Il ragazzo di Mara. Dinamiche della mascolinità nel cinema resistenziale degli anni Sessanta

DI CHIARA, FRANCESCO;
2014-01-01

Abstract

All'interno della storiografia sul cinema italiano, la vittoria ex aequo alla Mostra del Cinema del 1959 di Il generale Della Rovere (Roberto Rossellini) e La grande guerra (Mario Monicelli) viene comunemente indicata come uno degli elementi fondativi di una nuova stagione. I primi anni del nuovo decennio, infatti, appaiono caratterizzati dall'emergere, da un lato, di un cinema d'autore imperniato su di un riesame del periodo, a lungo rimosso, della guerra di resistenza; e, dall'altro, di un nuovo tipo di commedia, dedicata tanto a un esame della contemporaneità, quanto a una rinegoziazione del passato nazionale. Questi due diversi versanti si sovrappongono rapidamente, così che, tra il 1959 e il 1966, si assiste a un profluvio di riletture, alternativamente in chiave comica o drammatica, dell'epoca della caduta del regime fascista, della lotta di resistenza o del periodo immediatamente successivo allo sbarco delle truppe angloamericane. Questo corpus si propone come uno scenario particolarmente eterogeneo, per il quale non possono essere individuati criteri unificanti relativi né a pratiche autoriali, né di genere cinematografico, né tantomeno produttive. Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, si va dal recupero delle tematiche resistenziali da parte di alcuni dei maestri del neorealismo (Rossellini; De Sica), a nuove prove di cineasti che hanno esordito da poco e sono ancora in cerca di consacrazione (Loy; Zurlini), fino a principianti assoluti come Gianfranco De Bosio. Sul piano dei generi si alternano, spesso all'interno dello stesso film, il bellico, il gangsteristico, la commedia o il melodramma, mentre il panorama produttivo spazia dai leader del mercato (Ponti; De Laurentiis; Titanus) a minuscole sigle come la 22 Dicembre. Di fronte a tanta ricchezza, la storiografia ha normalmente privilegiato una lettura ideologica, evidenziando come lo scopo sottaciuto di questi film fosse ripulire la coscienza della nuova borghesia, quella sorta negli anni del boom economico, celandone gli elementi di continuità con quella degli anni del totalitarismo fascista e, viceversa, rendendola discendente dalla palingenesi dell'epoca resistenziale. Il presupposto di questo articolo è invece quello di spostare la prospettiva su di un aspetto del tutto differente, in modo da valutare quali altri possibili funzioni sociali possono essere state svolte da questo gruppo di film, apparsi in una fase cruciale per il processo di modernizzazione in Italia. Se è vero infatti che gli anni Sessanta marcano un passaggio da un cinema imperniato su personaggi e su di uno star system prettamente femminili, come era quello italiano degli anni Cinquanta, a un altro che, sia nelle pratiche di genere che in quelle autoriali, privilegia all'opposto quelle maschili, diviene allora centrale individuare quali siano i modelli di mascolinità messi in scena, articolati o proposti dai film di tematica resistenziale. Come si è già sottolineato, si tratta di un corpus relativamente molto vasto e complesso, pertanto il presente articolo non può (né vuole) avere pretese di esaustività; si tenterà al contrario di procedere a una cartografia del cinema resistenziale italiano dei primi anni Sessanta, del quale verranno individuate alcune caratteristiche di fondo, e si tenterà di esaminarne le possibili proposte, che si affiancano a quelle formulate dalla Commedia all'italiana o dal cinema di stampo più marcatamente autoriale.
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