Con la sentenza 70/15 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del blocco della “perequazione automatica” disposto dal Decreto legge 201/11 con riferimento ai trattamenti pensionistici d’importo complessivo superiore al triplo del trattamento minimo. L’attenzione dei media si è concentrata sulle conseguenze materiali degli effetti (ovviamente economici) della sentenza e sulle possibilità di manovra a disposizione l’Esecutivo per far fronte all’imprevista spesa senza pregiudicare gli equilibri di bilancio, il rispetto dei vincoli comunitari nonché gli impegni sul fronte della spesa sociale; gli aspetti più propriamente di merito (il perché la normativa sia stata censurata e se la Corte poteva fare altrimenti) sono rimasti in secondo piano Certo, sotto il profilo meramente ontologico, la norma è stata dichiarata incostituzionale perché tale era e ciò perché la Corte (come qualsiasi giudice) non “crea”, né tantomeno “sceglie” (nel senso proprio del termine), ma “applica”; quindi, per definizione, non vi era alcun’altra opzione possibile. Pur rimanendo ancorati a questa lettura deontica, vi è comunque la possibilità, partendo dalla “diagnosi” effettuata dalla Consulta, di rilevare gli elementi intrinseci delle cause e, quindi, i “sintomi” di un’incostituzionalità caratterizzata da elementi per certi versi peculiari.
La stanchezza dei valori costituzionali
RUSSO, ROBERTO
2015-01-01
Abstract
Con la sentenza 70/15 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del blocco della “perequazione automatica” disposto dal Decreto legge 201/11 con riferimento ai trattamenti pensionistici d’importo complessivo superiore al triplo del trattamento minimo. L’attenzione dei media si è concentrata sulle conseguenze materiali degli effetti (ovviamente economici) della sentenza e sulle possibilità di manovra a disposizione l’Esecutivo per far fronte all’imprevista spesa senza pregiudicare gli equilibri di bilancio, il rispetto dei vincoli comunitari nonché gli impegni sul fronte della spesa sociale; gli aspetti più propriamente di merito (il perché la normativa sia stata censurata e se la Corte poteva fare altrimenti) sono rimasti in secondo piano Certo, sotto il profilo meramente ontologico, la norma è stata dichiarata incostituzionale perché tale era e ciò perché la Corte (come qualsiasi giudice) non “crea”, né tantomeno “sceglie” (nel senso proprio del termine), ma “applica”; quindi, per definizione, non vi era alcun’altra opzione possibile. Pur rimanendo ancorati a questa lettura deontica, vi è comunque la possibilità, partendo dalla “diagnosi” effettuata dalla Consulta, di rilevare gli elementi intrinseci delle cause e, quindi, i “sintomi” di un’incostituzionalità caratterizzata da elementi per certi versi peculiari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.