Il d.l. del 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella l. 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto nel testo unico delle espropriazioni per pubblica utilità un nuovo art. 42-bis, dedicato alla «utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico». La nuova disposizione ha sostanzialmente ripristinato, almeno nei contenuti, l’art. 43 del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, che era stato dichiarato incostituzionale per eccesso di delega ad opera della Corte costituzionale con la sentenza n. 293/2010 . L’introduzione dell’art. 42-bis nel d.p.r. 327/2001 ha infatti l’obiettivo di eliminare il vuoto normativo che si era venuto a determinare, cercando di regolare una materia che aveva visto succedersi, a partire dalla suddetta sentenza della Consulta, molte e non concordanti soluzioni giurisprudenziali, enucleate in particolare dalla magistratura amministrativa. La nuova disciplina prova dunque a rimettere ordine in un settore che negli ultimi mesi è stato ricco di incertezze e segna, al contempo, il ritorno ad un regime di diritto positivo. Il rapporto tra la nuova e la vecchia acquisizione sanante, tuttavia, è molto meno immediato di quanto possa sembrare a prima vista: sicuramente l’art. 42-bis eredita molti tratti caratteristici dell’abrogato art. 43, ma contestualmente vi apporta sensibili innovazioni, anche di tipo strutturale e concettuale. L'articolo cerca allora di verificare in che termini la disciplina dell’acquisizione sanante introdotta dalla nuova disposizione si pone in linea di continuità con quella precedente e quali sono, viceversa, i profili di innovatività della stessa.
L'attuale regolamentazione dell'acquisizione sanante: l'art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001. Una prima analisi della normativa vigente e degli orientamenti seguiti dalla giurisprudenza
Ramaccioni
2012-01-01
Abstract
Il d.l. del 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella l. 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto nel testo unico delle espropriazioni per pubblica utilità un nuovo art. 42-bis, dedicato alla «utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico». La nuova disposizione ha sostanzialmente ripristinato, almeno nei contenuti, l’art. 43 del d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, che era stato dichiarato incostituzionale per eccesso di delega ad opera della Corte costituzionale con la sentenza n. 293/2010 . L’introduzione dell’art. 42-bis nel d.p.r. 327/2001 ha infatti l’obiettivo di eliminare il vuoto normativo che si era venuto a determinare, cercando di regolare una materia che aveva visto succedersi, a partire dalla suddetta sentenza della Consulta, molte e non concordanti soluzioni giurisprudenziali, enucleate in particolare dalla magistratura amministrativa. La nuova disciplina prova dunque a rimettere ordine in un settore che negli ultimi mesi è stato ricco di incertezze e segna, al contempo, il ritorno ad un regime di diritto positivo. Il rapporto tra la nuova e la vecchia acquisizione sanante, tuttavia, è molto meno immediato di quanto possa sembrare a prima vista: sicuramente l’art. 42-bis eredita molti tratti caratteristici dell’abrogato art. 43, ma contestualmente vi apporta sensibili innovazioni, anche di tipo strutturale e concettuale. L'articolo cerca allora di verificare in che termini la disciplina dell’acquisizione sanante introdotta dalla nuova disposizione si pone in linea di continuità con quella precedente e quali sono, viceversa, i profili di innovatività della stessa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.