La recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo emessa il 20 gennaio 2009 , ha segnato un’ulteriore tappa di un complesso e noto caso giudiziario: quello relativo alla costruzione degli edifici di Punta Perotti a Bari (c.d. “ecomostro”). In particolare, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che la confisca applicata dalla autorità giurisdizionale italiana ai sensi dell’art. 19 della legge n. 47/1985 (ora trasfuso nell’art. 44, comma 2, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 308 “T.U. dell’Edilizia”) - e che secondo una elaborazione giurisprudenziale costante viene qualificata come mera sanzione amministrativa - fosse arbitraria, violando così sia l’art. 7 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo , che l’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla stessa Convenzione , per assenza delle condizioni di prevedibilità e accessibilità delle disposizioni normative interne. La pronuncia è di notevole interesse. Diversi e suggestivi sono, infatti, gli argomenti agitati e molti sono gli spunti tematici e problematici offerti per una riflessione: (i) il complesso e articolato dibattito sulle fonti (anche alla luce delle note e controverse sentenze nn. 348 e 349 del 2007 della Corte cost. ); (ii) l’intricato e singolare “confronto” fra la Corte Costituzionale italiana e la CEDU in ordine al problema della collocazione o meno della proprietà privata tra i diritti di libertà. Questo breve scritto cercherà allora proprio di fissare i punti fondanti del ragionamento seguito dalla CEDU nella sentenza annotata e di indicare alcuni ulteriori argomenti di discussione e spunti di riflessione.

"Ecomostro" e diritti umani

Ramaccioni
2009-01-01

Abstract

La recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo emessa il 20 gennaio 2009 , ha segnato un’ulteriore tappa di un complesso e noto caso giudiziario: quello relativo alla costruzione degli edifici di Punta Perotti a Bari (c.d. “ecomostro”). In particolare, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che la confisca applicata dalla autorità giurisdizionale italiana ai sensi dell’art. 19 della legge n. 47/1985 (ora trasfuso nell’art. 44, comma 2, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 308 “T.U. dell’Edilizia”) - e che secondo una elaborazione giurisprudenziale costante viene qualificata come mera sanzione amministrativa - fosse arbitraria, violando così sia l’art. 7 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo , che l’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla stessa Convenzione , per assenza delle condizioni di prevedibilità e accessibilità delle disposizioni normative interne. La pronuncia è di notevole interesse. Diversi e suggestivi sono, infatti, gli argomenti agitati e molti sono gli spunti tematici e problematici offerti per una riflessione: (i) il complesso e articolato dibattito sulle fonti (anche alla luce delle note e controverse sentenze nn. 348 e 349 del 2007 della Corte cost. ); (ii) l’intricato e singolare “confronto” fra la Corte Costituzionale italiana e la CEDU in ordine al problema della collocazione o meno della proprietà privata tra i diritti di libertà. Questo breve scritto cercherà allora proprio di fissare i punti fondanti del ragionamento seguito dalla CEDU nella sentenza annotata e di indicare alcuni ulteriori argomenti di discussione e spunti di riflessione.
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