Il contributo propone un’analisi comparativa di La donna gelata (1981) di Annie Ernaux e La figlia oscura (2006) di Elena Ferrante, due romanzi che, se pur radicati in contesti storico-culturali diversi, mettono in scena la crisi del diritto alla integrità fisica e psichica sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, mostrando come la dignità individuale della donna debba confrontarsi con forme interiorizzate di dominio che influenzano la percezione del corpo, l’espressione del desiderio e l’uso del linguaggio. In La donna gelata (1981), Ernaux racconta la progressiva paralisi della soggettività di una donna modellata dalle aspettative sociali: il suo corpo, da spazio di libertà, si riduce a funzione e la perdita dell’integrità psichica si manifesta come anestesia affettiva. In La figlia oscura (2006), Ferrante esplora la stessa tensione mettendo in scena il conflitto interiore di Leda, incapace di aderire alle aspettative legate al ruolo materno, che attraverso un gesto di disobbedienza e di sottrazione afferma la propria autodeterminazione. L’analisi congiunta dei due testi delinea un’etica della rappresentazione che riconosce e valorizza la complessità dell’esperienza femminile nella sua dimensione corporea e relazionale.

Dignità e soggettività in "La donna gelata" e "La figlia oscura". Percorsi comparativi tra Ernaux e Ferrante

Antonella De Blasio
Writing – Original Draft Preparation
2025-01-01

Abstract

Il contributo propone un’analisi comparativa di La donna gelata (1981) di Annie Ernaux e La figlia oscura (2006) di Elena Ferrante, due romanzi che, se pur radicati in contesti storico-culturali diversi, mettono in scena la crisi del diritto alla integrità fisica e psichica sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, mostrando come la dignità individuale della donna debba confrontarsi con forme interiorizzate di dominio che influenzano la percezione del corpo, l’espressione del desiderio e l’uso del linguaggio. In La donna gelata (1981), Ernaux racconta la progressiva paralisi della soggettività di una donna modellata dalle aspettative sociali: il suo corpo, da spazio di libertà, si riduce a funzione e la perdita dell’integrità psichica si manifesta come anestesia affettiva. In La figlia oscura (2006), Ferrante esplora la stessa tensione mettendo in scena il conflitto interiore di Leda, incapace di aderire alle aspettative legate al ruolo materno, che attraverso un gesto di disobbedienza e di sottrazione afferma la propria autodeterminazione. L’analisi congiunta dei due testi delinea un’etica della rappresentazione che riconosce e valorizza la complessità dell’esperienza femminile nella sua dimensione corporea e relazionale.
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