Il mercato dei bozzoli di Cosenza era stato istituito per far fronte alla congiuntura negativa che a metà Ottocento in tutta Europa aveva fortemente compromesso la sericoltura. In un processo in cui le istituzioni locali di tutti i principali centri di produzione della Penisola si stavano attivando per regolare le contrattazioni tra venditori e acquirenti di bozzoli, anche la Camera di Commercio di Cosenza diede vita ad un mercato pubblico di rilevanza nazionale. Nelle altre regioni meridionali, invece, la sericoltura si era particolarmente ridotta e la vendita dei bozzoli continuava ad essere svolta tramite accordi diretti tra allevatori e filandieri. Il mercato di Cosenza, che rappresenta un caso esemplare in quanto capace di accogliere quantità di bozzoli significative se rapportate al contesto produttivo marginale, manifestò fin dalla sua istituzione alcune peculiarità rispetto agli altri mercati di bozzoli. In linea generale, i mercati sorgevano nelle adiacenze delle filande a vapore per soddisfare l’accresciuta domanda di materia prima conseguente all’aumento dimensionale di tali opifici. A Cosenza, diversamente, il mercato era piuttosto espressione di un’attività – la bachicoltura – legata solo in parte alla trattura che si esercitava in provincia. Il mercato di Cosenza rappresentò un “serbatoio” di materia prima soprattutto per le filande industriali concentrate lungo la costa reggina e per i loro emissari, che ben presto contribuirono ad alterare la normale formazione dei prezzi. Così come avveniva in molte altre località italiane, infatti, il corretto funzionamento del mercato fu alterato da patti tra gli acquirenti volti a calmierare le ragioni dell'offerta. Le condizioni di oligopsonio da una parte e l'assenza di tutele associative degli allevatori dall’altra richiamarono le attenzioni delle istituzioni locali, timorose che il mercato non riuscisse più ad assolvere al suo compito di incentivare la produzione. Tuttavia, fu solo all’inizio del Novecento che il Consiglio per gli Interessi Serici offrì delle apparenti soluzioni al problema e oltretutto per finalità sostanzialmente differenti. L’istituto governativo, infatti, non mirava tanto al miglioramento delle condizioni contrattuali dei bachicoltori, quanto all’aumento della produzione di bozzoli secchi, necessaria per le filande settentrionali, che con allarmante sistematicità dovevano ricorrere alle importazioni dall’Asia.

Bozzoli freschi, bozzoli secchi. I cambiamenti del mercato di Cosenza (1865-1930)

MARCELLI, ANGELINA
2006-01-01

Abstract

Il mercato dei bozzoli di Cosenza era stato istituito per far fronte alla congiuntura negativa che a metà Ottocento in tutta Europa aveva fortemente compromesso la sericoltura. In un processo in cui le istituzioni locali di tutti i principali centri di produzione della Penisola si stavano attivando per regolare le contrattazioni tra venditori e acquirenti di bozzoli, anche la Camera di Commercio di Cosenza diede vita ad un mercato pubblico di rilevanza nazionale. Nelle altre regioni meridionali, invece, la sericoltura si era particolarmente ridotta e la vendita dei bozzoli continuava ad essere svolta tramite accordi diretti tra allevatori e filandieri. Il mercato di Cosenza, che rappresenta un caso esemplare in quanto capace di accogliere quantità di bozzoli significative se rapportate al contesto produttivo marginale, manifestò fin dalla sua istituzione alcune peculiarità rispetto agli altri mercati di bozzoli. In linea generale, i mercati sorgevano nelle adiacenze delle filande a vapore per soddisfare l’accresciuta domanda di materia prima conseguente all’aumento dimensionale di tali opifici. A Cosenza, diversamente, il mercato era piuttosto espressione di un’attività – la bachicoltura – legata solo in parte alla trattura che si esercitava in provincia. Il mercato di Cosenza rappresentò un “serbatoio” di materia prima soprattutto per le filande industriali concentrate lungo la costa reggina e per i loro emissari, che ben presto contribuirono ad alterare la normale formazione dei prezzi. Così come avveniva in molte altre località italiane, infatti, il corretto funzionamento del mercato fu alterato da patti tra gli acquirenti volti a calmierare le ragioni dell'offerta. Le condizioni di oligopsonio da una parte e l'assenza di tutele associative degli allevatori dall’altra richiamarono le attenzioni delle istituzioni locali, timorose che il mercato non riuscisse più ad assolvere al suo compito di incentivare la produzione. Tuttavia, fu solo all’inizio del Novecento che il Consiglio per gli Interessi Serici offrì delle apparenti soluzioni al problema e oltretutto per finalità sostanzialmente differenti. L’istituto governativo, infatti, non mirava tanto al miglioramento delle condizioni contrattuali dei bachicoltori, quanto all’aumento della produzione di bozzoli secchi, necessaria per le filande settentrionali, che con allarmante sistematicità dovevano ricorrere alle importazioni dall’Asia.
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