Come si studiano le culture della produzione nel cinema italiano del dopoguerra? Si può affermare che i professionisti del cinema nazionale, negli anni della sua massima espansione industriale, mostrino l'esigenza di dare un senso comunicabile alla propria attività, in una maniera analoga a quanto analizzato da John T. Caldwell rispetto all'industria audiovisiva americana? Per chi si è confrontato con la storia economica del nostro cinema è chiaro che il problema è più ampio e riguarda l'esistenza tout court di un'industria. Da questo punto di vista, l'esempio dell'industria cinematografica per eccellenza, quella hollywoodiana, fornisce al contempo un modello e una sorta di maledizione. Un modello perché è a Hollywood che guardano studiosi e practitioners nei tentativi di definizione (spesso per viam negationis) del panorama italiano. Una maledizione perché l'inarrivabilità di tale modello conduce non di rado allo scetticismo circa l'esistenza stessa di una cosa che si possa chiamare a tutti gli effetti “industria”. La conseguenza principale è la sensazione di avere a che fare con una storia che può essere raccontata solo sotto forma di aneddoto, di vicenda picaresca e, come recita il titolo di un'opera fortunata e indispensabile, di «avventurosa storia». In questo saggio non ci interessa mettere in dubbio lo statuto di verità di questa storia aneddotica, quanto capire se e in che modo è oggi possibile sapere qualcosa di più di quel cinema partendo proprio dal modo in cui le persone che lo hanno fatto ne hanno scritto e parlato. Proveremo quindi a ripercorrere le linee di ricerca che lo studio dell'industria del cinema italiano ha seguito, tracciare quindi i limiti di un’analisi basata su un repertorio significativo (il fondo dalla Direzione Generale dello Spettacolo custodito presso l'Acs), e infine applicare in modo volutamente scolastico le griglie analitiche proposte da Caldwell alle testimonianze di un cineasta peculiare (Mario Bava).
Appunti per una storia un po’ meno avventurosa. Produzione e cinema italiano 1945-1965
DI CHIARA, FRANCESCO
2016-01-01
Abstract
Come si studiano le culture della produzione nel cinema italiano del dopoguerra? Si può affermare che i professionisti del cinema nazionale, negli anni della sua massima espansione industriale, mostrino l'esigenza di dare un senso comunicabile alla propria attività, in una maniera analoga a quanto analizzato da John T. Caldwell rispetto all'industria audiovisiva americana? Per chi si è confrontato con la storia economica del nostro cinema è chiaro che il problema è più ampio e riguarda l'esistenza tout court di un'industria. Da questo punto di vista, l'esempio dell'industria cinematografica per eccellenza, quella hollywoodiana, fornisce al contempo un modello e una sorta di maledizione. Un modello perché è a Hollywood che guardano studiosi e practitioners nei tentativi di definizione (spesso per viam negationis) del panorama italiano. Una maledizione perché l'inarrivabilità di tale modello conduce non di rado allo scetticismo circa l'esistenza stessa di una cosa che si possa chiamare a tutti gli effetti “industria”. La conseguenza principale è la sensazione di avere a che fare con una storia che può essere raccontata solo sotto forma di aneddoto, di vicenda picaresca e, come recita il titolo di un'opera fortunata e indispensabile, di «avventurosa storia». In questo saggio non ci interessa mettere in dubbio lo statuto di verità di questa storia aneddotica, quanto capire se e in che modo è oggi possibile sapere qualcosa di più di quel cinema partendo proprio dal modo in cui le persone che lo hanno fatto ne hanno scritto e parlato. Proveremo quindi a ripercorrere le linee di ricerca che lo studio dell'industria del cinema italiano ha seguito, tracciare quindi i limiti di un’analisi basata su un repertorio significativo (il fondo dalla Direzione Generale dello Spettacolo custodito presso l'Acs), e infine applicare in modo volutamente scolastico le griglie analitiche proposte da Caldwell alle testimonianze di un cineasta peculiare (Mario Bava).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.