In tema di poteri istruttori può ritenersi consolidato lo schema delineato dalle Sezioni unite Greco e dalla Corte costituzionale con la sent. n. 73/2010. Entrambe le pronunce configurano un principio dispositivo at-tenuato all’interno di un sistema in cui la valenza cognitiva del processo penale e l’indisponibilità della libertà personale impongono di salvaguardare la completezza dell’accertamento, ai fini di un giudizio il più meditato e aderente possibile alla realtà dei fatti. In tale contesto, l’intervento giudiziale ex officio è consentito solo al termine dell’istruzione di parte e nei limiti dell’assoluta necessità. Il giudice, inoltre, non può ricorrere all’art. 507 c.p.p. per vagliare ipotesi ricostruttive formulate autonomamente: l’esercizio di tale potere, che deve pe-raltro essere adeguatamente motivato secondo le cadenze tipiche dell’istituto in questione, può avvenire soltanto sulla base di quanto prospettato dalle parti, essendo vòlto esclusivamente a colmare le lacune evi-denti che emergono dal panorama probatorio, causate dall’inerzia dell’accusa o della difesa. Infine, una vol-ta esercitata la facoltà integrativa d’ufficio, le parti possono riprendere l’iniziativa probatoria. Si tratta di un equilibrio delicato che, per quanto appaia stabile ad oggi, necessita di essere costantemente ribadito e so-stenuto (anche) dalla giurisprudenza, affinché possa evitarsi qualsiasi distorsione metodologica nell’applicazione di un istituto che evoca concetti relativi quali, ad esempio, quelli di “verità” e di “giustizia”. In tal senso, ci pare indispensabile che nell’ambito del filone giurisprudenziale annotato l’utilizzo di espressioni valoriali (come “ricerca della verità sostanziale”, “perseguire il fine della giustizia”, “non dispersione degli ele-menti dimostrativi”, “indipenden[za] dalle vicende processuali” ecc.) trovi una sua puntuale declinazione in seno alla motivazione, di modo che sia specificata la portata di tali termini e, conseguentemente, siano scongiurate la rievocazione di vecchi idoli e l’applicazione di paradigmi legati a ideologie oramai superate. When it comes to powers of inquiry, both the Constitutional Court (judgment n. 73 of 2010) and the Court of Cassation (Sezioni Unite Greco) have developed a well-established scheme. In a system in which factual assessments as well as a “non-waivable” right of personal freedom are primary concerns, the aforemen-tioned case law has set the so called “principio dispositivo attenuato”. The judge can intervene “ex officio” with his own evidentiary power, but only after the parties have concluded and if it’s absolutely essential. In addition, he cannot invoke article 507 of the code of criminal procedure in order to assess his own factual reconstruction. This power can only be wielded to fill the gaps left by the prosecution or the defense. Lastly, once the judge has exercised his power, the probative power of the parties is restored. This delicate bal-ance needs the constant support of case law in order to avoid any distortion. Terms like “truth” or “justice”, seen as targets in the assessment of evidence, are in fact highly relative. In our opinion, it is necessary to give such terms a specific meaning in the grounds of the judgment, in order to avoid the re-enactment of outdated ideologies.
Si fa di nuovo vivo il vecchio principio di non dispersione della prova?
Marco Cecchi
2020-01-01
Abstract
In tema di poteri istruttori può ritenersi consolidato lo schema delineato dalle Sezioni unite Greco e dalla Corte costituzionale con la sent. n. 73/2010. Entrambe le pronunce configurano un principio dispositivo at-tenuato all’interno di un sistema in cui la valenza cognitiva del processo penale e l’indisponibilità della libertà personale impongono di salvaguardare la completezza dell’accertamento, ai fini di un giudizio il più meditato e aderente possibile alla realtà dei fatti. In tale contesto, l’intervento giudiziale ex officio è consentito solo al termine dell’istruzione di parte e nei limiti dell’assoluta necessità. Il giudice, inoltre, non può ricorrere all’art. 507 c.p.p. per vagliare ipotesi ricostruttive formulate autonomamente: l’esercizio di tale potere, che deve pe-raltro essere adeguatamente motivato secondo le cadenze tipiche dell’istituto in questione, può avvenire soltanto sulla base di quanto prospettato dalle parti, essendo vòlto esclusivamente a colmare le lacune evi-denti che emergono dal panorama probatorio, causate dall’inerzia dell’accusa o della difesa. Infine, una vol-ta esercitata la facoltà integrativa d’ufficio, le parti possono riprendere l’iniziativa probatoria. Si tratta di un equilibrio delicato che, per quanto appaia stabile ad oggi, necessita di essere costantemente ribadito e so-stenuto (anche) dalla giurisprudenza, affinché possa evitarsi qualsiasi distorsione metodologica nell’applicazione di un istituto che evoca concetti relativi quali, ad esempio, quelli di “verità” e di “giustizia”. In tal senso, ci pare indispensabile che nell’ambito del filone giurisprudenziale annotato l’utilizzo di espressioni valoriali (come “ricerca della verità sostanziale”, “perseguire il fine della giustizia”, “non dispersione degli ele-menti dimostrativi”, “indipenden[za] dalle vicende processuali” ecc.) trovi una sua puntuale declinazione in seno alla motivazione, di modo che sia specificata la portata di tali termini e, conseguentemente, siano scongiurate la rievocazione di vecchi idoli e l’applicazione di paradigmi legati a ideologie oramai superate. When it comes to powers of inquiry, both the Constitutional Court (judgment n. 73 of 2010) and the Court of Cassation (Sezioni Unite Greco) have developed a well-established scheme. In a system in which factual assessments as well as a “non-waivable” right of personal freedom are primary concerns, the aforemen-tioned case law has set the so called “principio dispositivo attenuato”. The judge can intervene “ex officio” with his own evidentiary power, but only after the parties have concluded and if it’s absolutely essential. In addition, he cannot invoke article 507 of the code of criminal procedure in order to assess his own factual reconstruction. This power can only be wielded to fill the gaps left by the prosecution or the defense. Lastly, once the judge has exercised his power, the probative power of the parties is restored. This delicate bal-ance needs the constant support of case law in order to avoid any distortion. Terms like “truth” or “justice”, seen as targets in the assessment of evidence, are in fact highly relative. In our opinion, it is necessary to give such terms a specific meaning in the grounds of the judgment, in order to avoid the re-enactment of outdated ideologies.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.