Questo breve saggio parte dall’osservazione partecipante, dalle scritture etnografiche e dalla raccolta di etnografia visiva, sia statica (fotografie) sia dinamica (video), che ho eseguito durante la festa sikh del Baisakhi nel 2011 e che è parte integrante del progetto di ricerca per la mia tesi dottorale sulla comunità sikh della provincia di Roma. È stato utilizzato il metodo dell’antropologia visiva, come sistema di analisi della realtà e come strumento per evidenziare tale realtà. La fotografia è intesa come etno-fotografia, seconda la categoria teorizzata da Philippe Bourgois, ovvero una «foto-etnografia sufficientemente buona»2 tale da evidenziare gli atti relazionali e simbolici sottesi nel rito e non si limita a un voyerismo intellettuale. Una foto, dunque, che abbia «consapevolezza del significato» come sostenuto da Franco Ferrarotti3. Il rito del Baisakhi si presenta come strumento della cultura Sikh di visualizzazione e di comunicazione verso la comunità di approdo, quasi a esprimere la loro intenzione di essere «visti», per contrastare la situazione di invisibilità degli immigrati, e di portare avanti istanze religiose, culturali e sociali. In questo saggio si intendono evidenziare tre punti. Il primo è la necessità dei migranti di espletare i propri riti nei loro aspetti identitari, sociali e storici (Augé). Il secondo è la facoltà di fare «mente locale» ovvero di «vivere lo spazio» creando mappe mentali capaci di vivere i luoghi (La Cecla). Il terzo punto è il mantenimento e il rafforzamento della rete- relazione
BAISAKHI. ANTROPOLOGIA DEL RITO IN UNA PIAZZA ROMANA
Pesce M
2012-01-01
Abstract
Questo breve saggio parte dall’osservazione partecipante, dalle scritture etnografiche e dalla raccolta di etnografia visiva, sia statica (fotografie) sia dinamica (video), che ho eseguito durante la festa sikh del Baisakhi nel 2011 e che è parte integrante del progetto di ricerca per la mia tesi dottorale sulla comunità sikh della provincia di Roma. È stato utilizzato il metodo dell’antropologia visiva, come sistema di analisi della realtà e come strumento per evidenziare tale realtà. La fotografia è intesa come etno-fotografia, seconda la categoria teorizzata da Philippe Bourgois, ovvero una «foto-etnografia sufficientemente buona»2 tale da evidenziare gli atti relazionali e simbolici sottesi nel rito e non si limita a un voyerismo intellettuale. Una foto, dunque, che abbia «consapevolezza del significato» come sostenuto da Franco Ferrarotti3. Il rito del Baisakhi si presenta come strumento della cultura Sikh di visualizzazione e di comunicazione verso la comunità di approdo, quasi a esprimere la loro intenzione di essere «visti», per contrastare la situazione di invisibilità degli immigrati, e di portare avanti istanze religiose, culturali e sociali. In questo saggio si intendono evidenziare tre punti. Il primo è la necessità dei migranti di espletare i propri riti nei loro aspetti identitari, sociali e storici (Augé). Il secondo è la facoltà di fare «mente locale» ovvero di «vivere lo spazio» creando mappe mentali capaci di vivere i luoghi (La Cecla). Il terzo punto è il mantenimento e il rafforzamento della rete- relazioneI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.