Il sistema previdenziale obbligatorio è caratterizzato da innumerevoli punti deboli, primo fra tutti il suo essere strutturato secondo il criterio della ripartizione, per cui i contributi versati oggi sono impiegati per il pagamento delle pensioni di chi già è uscito dal mondo del lavoro, senza che sia previsto, allo stesso tempo, alcun cumulo di riserve finanziarie per far fronte al pagamento delle pensioni future. In un assetto come questo è evidente che, per garantire la stabilità del sistema e il suo corretto funzionamento, risulti imprescindibile che il flusso delle entrate – costituito dai contributi a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro – sia in equilibrio con quello delle uscite, ossia con l’ammontare delle pensioni erogate. Nel tentativo di raggiungere questa simmetria, si è assistito, nel corso degli anni, all’affannoso susseguirsi di riforme aventi il fine ultimo di limitare la spesa pubblica, dando avvio al passaggio dal precedente sistema retributivo, eccessivamente generoso, all’attuale sistema contributivo, piú sostenibile del primo ma non privo di criticità. Le contingenze di ordine economico-sociale e i segnali di cedimento del sistema previdenziale obbligatorio rivelano uno stato delle cose non più trascurabile. Il primo segnale di un cortocircuito si rinviene nel sentire comune; nella percezione, da parte dei contribuenti che il carico impositivo nel suo complesso sia eccessivamente oneroso, a fronte dell’incertezza sulla capacità dello Stato di provvedere, in futuro, al pagamento delle pensioni, garantendo l’erogazione di prestazioni corrispondenti ai diritti maturati con il versamento degli oneri contributivi. I risultati cui il presente studio ha condotto sembrerebbero suggerire una riforma articolata su più passaggi.
Considerazioni sistematiche in materia di previdenza obbligatoria e complementare. La necessità di interventi strutturali
roberta corriere
2024-01-01
Abstract
Il sistema previdenziale obbligatorio è caratterizzato da innumerevoli punti deboli, primo fra tutti il suo essere strutturato secondo il criterio della ripartizione, per cui i contributi versati oggi sono impiegati per il pagamento delle pensioni di chi già è uscito dal mondo del lavoro, senza che sia previsto, allo stesso tempo, alcun cumulo di riserve finanziarie per far fronte al pagamento delle pensioni future. In un assetto come questo è evidente che, per garantire la stabilità del sistema e il suo corretto funzionamento, risulti imprescindibile che il flusso delle entrate – costituito dai contributi a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro – sia in equilibrio con quello delle uscite, ossia con l’ammontare delle pensioni erogate. Nel tentativo di raggiungere questa simmetria, si è assistito, nel corso degli anni, all’affannoso susseguirsi di riforme aventi il fine ultimo di limitare la spesa pubblica, dando avvio al passaggio dal precedente sistema retributivo, eccessivamente generoso, all’attuale sistema contributivo, piú sostenibile del primo ma non privo di criticità. Le contingenze di ordine economico-sociale e i segnali di cedimento del sistema previdenziale obbligatorio rivelano uno stato delle cose non più trascurabile. Il primo segnale di un cortocircuito si rinviene nel sentire comune; nella percezione, da parte dei contribuenti che il carico impositivo nel suo complesso sia eccessivamente oneroso, a fronte dell’incertezza sulla capacità dello Stato di provvedere, in futuro, al pagamento delle pensioni, garantendo l’erogazione di prestazioni corrispondenti ai diritti maturati con il versamento degli oneri contributivi. I risultati cui il presente studio ha condotto sembrerebbero suggerire una riforma articolata su più passaggi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.