La crescente rilevanza assunta dallo sport professionistico ha indotto il legislatore tributario ad intervenire in modo sempre più puntuale nell’ambito di questa particolare materia. Si tratta di un settore attorno al quale ruotano rilevanti interessi non solo ludico-ricreativi, ma anche economici e finanziari di portata nazionale. Fra tutti si pensi al ruolo che riveste il gioco del calcio nell’economia dello Stato e, conseguentemente, nella crescita del PIL. In considerazione degli interessi ad essa sottesi, la materia dello sport professionistico è da tempo assoggettata – anche dal punto di vista fiscale – ad una specifica regolamentazione, che è stata, peraltro, oggetto di recenti modifiche da parte del legislatore tributario. A tal proposito rilevano le nuove norme che disciplinano le vicende legate alle operazioni di cessione – tra società – degli atleti professionisti (rectius del diritto all’utilizzo esclusivo delle loro prestazioni), le quali sono idonee a determinare l’emersione di componenti di reddito rilevanti ai fini della tassazione. Si tratta di fattispecie complesse, che, come si avrà modo di illustrare, non sempre seguono schemi negoziali, lineari, di attuazione. Le modalità di cessione dello sportivo professionista sono, invero, molteplici; alla tradizionale cessione del c.d. cartellino verso un corrispettivo in denaro, spesso sono preferiti negozi più complessi, basati sulla permuta, (ossia sullo scambio di atleti tra due società) eventualmente accompagnata da un conguaglio in denaro. Ciò assume valenza determinante per l’individuazione del trattamento fiscale applicabile, con conseguenze non poco rilevanti sulla determinazione del reddito d’impresa tassabile in capo alle società cedenti. Il legislatore tributario ha, infatti, di recente introdotto specifiche regole per la tassazione delle plusvalenze derivanti dai suddetti contratti di cessione, prevedendo una disciplina fiscale differenziata a seconda del tipo di operazione, o meglio, a seconda della natura del corrispettivo. Si tratta di norme volte a porre dei limiti più stringenti alla possibilità per le società sportive di ripartire le plusvalenze in più esercizi rispetto a quello in cui sono state effettivamente realizzate, anche con il fine di contrastare condotte poco virtuose cui di recente si è assistito nel settore del calcio professionistico. Si tratta in particolare del c.d. il fenomeno delle plusvalenze fittizie legate alle operazioni di calciomercato. È questo il motivo per il quale la presente analisi assumerà come modello di riferimento le operazioni che contraddistinguono la prassi negoziale del gioco del calcio, fermo restando che le regole che disciplinano il trattamento fiscale della cessione del diritto allo sfruttamento delle prestazioni dell’atleta professionista sono comuni a tutti i settori dello sport professionistico e risultano pertanto applicabili anche al golf, al ciclismo e alla pallacanestro.

La cessione dello sportivo professionista

roberta corriere
2025-01-01

Abstract

La crescente rilevanza assunta dallo sport professionistico ha indotto il legislatore tributario ad intervenire in modo sempre più puntuale nell’ambito di questa particolare materia. Si tratta di un settore attorno al quale ruotano rilevanti interessi non solo ludico-ricreativi, ma anche economici e finanziari di portata nazionale. Fra tutti si pensi al ruolo che riveste il gioco del calcio nell’economia dello Stato e, conseguentemente, nella crescita del PIL. In considerazione degli interessi ad essa sottesi, la materia dello sport professionistico è da tempo assoggettata – anche dal punto di vista fiscale – ad una specifica regolamentazione, che è stata, peraltro, oggetto di recenti modifiche da parte del legislatore tributario. A tal proposito rilevano le nuove norme che disciplinano le vicende legate alle operazioni di cessione – tra società – degli atleti professionisti (rectius del diritto all’utilizzo esclusivo delle loro prestazioni), le quali sono idonee a determinare l’emersione di componenti di reddito rilevanti ai fini della tassazione. Si tratta di fattispecie complesse, che, come si avrà modo di illustrare, non sempre seguono schemi negoziali, lineari, di attuazione. Le modalità di cessione dello sportivo professionista sono, invero, molteplici; alla tradizionale cessione del c.d. cartellino verso un corrispettivo in denaro, spesso sono preferiti negozi più complessi, basati sulla permuta, (ossia sullo scambio di atleti tra due società) eventualmente accompagnata da un conguaglio in denaro. Ciò assume valenza determinante per l’individuazione del trattamento fiscale applicabile, con conseguenze non poco rilevanti sulla determinazione del reddito d’impresa tassabile in capo alle società cedenti. Il legislatore tributario ha, infatti, di recente introdotto specifiche regole per la tassazione delle plusvalenze derivanti dai suddetti contratti di cessione, prevedendo una disciplina fiscale differenziata a seconda del tipo di operazione, o meglio, a seconda della natura del corrispettivo. Si tratta di norme volte a porre dei limiti più stringenti alla possibilità per le società sportive di ripartire le plusvalenze in più esercizi rispetto a quello in cui sono state effettivamente realizzate, anche con il fine di contrastare condotte poco virtuose cui di recente si è assistito nel settore del calcio professionistico. Si tratta in particolare del c.d. il fenomeno delle plusvalenze fittizie legate alle operazioni di calciomercato. È questo il motivo per il quale la presente analisi assumerà come modello di riferimento le operazioni che contraddistinguono la prassi negoziale del gioco del calcio, fermo restando che le regole che disciplinano il trattamento fiscale della cessione del diritto allo sfruttamento delle prestazioni dell’atleta professionista sono comuni a tutti i settori dello sport professionistico e risultano pertanto applicabili anche al golf, al ciclismo e alla pallacanestro.
2025
979-12-211-1088-3
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11389/76216
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